Assemblea Transterritoriale Transfemminista Antispecista NON UNƏ Dİ MENO

Sanzione Fucsia

8 marzo 2024 SANZIONE FUCSIA contro l’oppressione colonialista di israele e il suo PINK, RAINBOW, GREEN e VEGAN washing.

L’assemblea ecotransfemminista e antispecista Corpi&Terra di Non unə di meno lancia per il quarto anno consecutivo, la sanzione fucsia nella cornice dello SCIOPERO GLOBALE di produzione, riproduzione, consumi, genere e specie contro la violenza patriarcale

Lanciamo il nostro appello ad aderire alla campagna Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS), lanciata nel 2005 da oltre 170 associazioni della società civile palestinese contro le politiche sioniste di occupazione, colonizzazione e apartheid.

La campagna BDS è uno degli strumenti per contrastare il genocidio in corso, le distruzioni e la volontà di arrivare alla soluzione finale: l’espulsione della popolazione palestinese dai propri territori perché israele li possa definitivamente occupare:

  • Boicottaggio delle aziende israeliane e internazionali complici delle violazioni, come ENI, che ha siglato in piena offensiva sionista un accordo con il governo israeliano per estrarre gas in acque palestinesi di fronte alla Striscia di Gaza; TEVA che ha il monopolio della produzione dei farmaci generici in vendita anche nelle farmacie italiane; HP-Hewlett leader mondiale dell’informatica che fornisce anche sistemi per l’IDF, l’esercito che bombarda e distrugge la Palestina; Carrefour che continua a vendere prodotti della terra palestinese commercializzati da israele per citarne solo alcuni.
  • Boicottaggio degli accordi con istituzioni accademiche, culturali e sportive che fattivamente sostengono i progetti e la propaganda del regime.
  • Disinvestimento dalle aziende israeliane e internazionali complici dell’occupazione sionista e che da questa traggono profitti.
  • Sanzioni internazionali sui crimini che si stanno compiendo e si sono sempre compiuti in territorio palestinese: insediamenti illegali, furto delle “risorse”, occupazione di terra, confische, espropri, impedimento di qualsiasi economia autonoma, arresti arbitrari e uccisioni “chirurgiche” extragiudiziali, progrom, bombardamenti e genocidio.

Materiale da scaricare e stampare (pieghevole da stampare in A4 f/r)

NON SİAMO ANTİSEMİTƏ SİAMO ANTİSİONİSTƏ

Rifiutiamo le accuse di antisemitismo. Questa campagna si oppone a quelle forze sioniste autoproclamatesi “stato” nel 1948 e che hanno originato con la NAKBA la catastrofe, l’espulsione violenta di più di 750 mila persone palestinesi dalle loro case. israele utilizza come arma l’olocausto per giustificare il proprio comportamento fascista e genocida, mostrando paradossalmente il proprio antisemitismo nei confronti anche di un altro popolo semita, quello Palestinese. Siamo al fianco di tutte quelle persone di religione ebraica dentro e fuori lo stato illegittimo di israele che sostengono, senza se e senza ma, la causa della liberazione della Palestina.

STOP AL GENOCİDİO

Ci schieriamo apertamente per una #Palestinalibera dall’occupazione, per lo smantellamento dei 300 KM di muro dell’apartheid, per fermare il genocidio e l’epistemicidio, la volontà cioè di eradicare la cultura, la storia e le tradizioni palestinesi e della loro inferiorizzazione in nome della superiorità del disegno colonialista. Rifiutiamo la criminalizzazione di un intero popolo, quello palestinese e di chi sostiene il suo diritto alla RESISTENZA anche armata fino alla liberazione. In Palestina, numerosi gruppi partecipano alla lotta armata di resistenza contro l’oppressione colonialista. Nel diritto internazionale questi gruppi, sono legittimati come combattenti per porre fine al colonialismo nel contesto di un’occupazione militare violenta del loro territorio.

RESİSTENZA E TERRORİSMO

Nella retorica della narrazione pubblica, in particolare dopo l’11 settembre, è stata veicolata una propaganda atta a confondere resistenza e terrorismo. israele, stati uniti ed europa stessa hanno sempre considerato le vittime civili delle loro guerre colonialiste, delle loro invasioni e delle loro aggressioni sempre e solo come “danni collaterali” o “animali umani” da distruggere. Nella narrazione occidentale, dove imperversa il doppio standard, c’è una perdita di “onestà” politica e morale, una manipolazione viziata delle notizie e della conoscenza in generale che è uno degli strumenti da cui nasce l’egemonia culturale e l’”elemento strutturale delle politiche di dominio”.

israele ha sempre usato il pink, rainbow, green e vegan washing per nascondere e coprire l’occupazione violenta di una terra. “Un popolo senza terra per una terra senza un popolo” è stato per anni il ritornello del sionismo, “dimenticando” volutamente e per mandato occidentale, che in quella terra un popolo ci fosse già.

Un popolo che è stato segregato per più di 75 anni in porzioni di territorio sempre più piccole fino ad arrivare a quest’ultimo e devastante massacro che ha lo scopo di eliminarlo del tutto. Ci schieriamo per il diritto al ritorno dei milioni di persone palestinesi rifugiate in ogni parte del mondo.Le razioni “cruelty free” mostrate dai soldati israeliani e la bandiera arcobaleno sventolata sulle macerie di Gaza vorrebbero nascondere la realtà del sionismo che non si ferma davanti a niente e a nessun per raggiungere i suoi fini: la cacciata, la deportazione o l’annientamento del popolo palestinese.

Le quasi 30mila persone uccise, le bombe, i raid, le esecuzioni arbitrarie in Cisgiordania, il personale sanitario ucciso, gli ospedali e le scuole distrutte, l’interruzione dell’approvvigionamento idrico ed energetico, il blocco degli aiuti umanitari alle persone che stanno morendo di fame e sete sono lì a dimostrarlo.

Cosa c’è di “libero dalla crudeltà” in tutto questo?

Il ministro della “difesa” di israele Yoav Gallant ha anche affermato “Combattiamo animali umani e agiamo di conseguenza”

Come persone antispeciste ci opponiamo ad ogni forma di oppressione, crediamo nella giustizia per tutte le persone di qualsiasi specie.

Sotto la colonizzazione di israhell tutto soffre.

PINK, RAINBOW, GREEN E VEGAN WASHING

Rigettiamo la propaganda manipolatoria di israele che si mostra ipocritamente a fianco di categorie oppresse comunemente individuate come donne, persone LGBTQIPAK+ e animali per giustificare ulteriormente l’aggressione in nome di una loro fantomatica difesa.

Le comunità internazionali che sostengono l’impunità di israele hanno mai ascoltato e dato rilevanza ai movimenti femministi palestinesi? alle comunità queer palestinesi? alle comunità antispeciste e in difesa del territorio palestinese?

Movimenti femministi e queer di altri paesi insistono, da più parti, sul fatto che il femminismo bianco, nel definire la sua posizione rispetto alla lotta e alla resistenza non occidentali, non può e non deve prescindere dal tenere in considerazione, oltre al genere, la cultura e la religione degli altri popoli avviati sulla strada della liberazione. Elementi che rendono la posizione politica molto più complessa di quanto il femminismo bianco possa o sappia cogliere.

Ci distanziamo da un certo femminismo bianco e coloniale che si permette invece di sentenziare sul dove, come e quando può avvenire la liberazione femminista. Un femminismo che quindi non è intersezionale, ma solo dispotico e invalidante per le collettività femministe e queer delle comunità “altre”.

L’intersezionalità rifiuta il concepire i sistemi di oppressione in maniera distinta, perché così possono solo essere paragonati ma non sovrapposti. Le collettive femministe e queer palestinesi questo lo sanno bene perché vivono sulla propria pelle oppressioni multiple e richiedono il nostro sostegno come megafono internazionale, non per farsi dire a quale oppressione devono stare più attente.

Assumiamo le parole di Ahmed Safi, fondatore di PAL (Palestinian Animal League), un’associazione che si occupa di diritti animali in una terra martoriata come la Palestina.

La Palestina non può essere solo il popolo. È la terra, gli alberi, l’aria, il fiume, il mare, l’ambiente, gli animali e gli uccelli, gli ulivi e i campi da coltivare. Tutto questo è Palestina.

La Palestina è incompleta senza queste componenti e il lavoro da fare è contribuire a proteggere il tutto”.

L’obiettivo è creare un terreno di lotte intersezionali per la liberazione umana e animale dall’oppressione colonialista, dalla violenza sionista, dalla repressione militare e dalla devastazione ambientale:

Diritti e giustizia per tuttə indipendentemente dalla specie.

NOI stiamo dalla parte di chi resiste! 

Palestina Libera

Free Palestine 

Viva La Resistenza Palestinese

INTIFADA Revolution fino alla vittoria!

Milano 24 febbraio 2024 In manifestazione con il nostro striscione

8 marzo 2023 SANZIONE FUCSIA CONTRO LO SPECISMO Lanciamo la nostra azione di boicottaggio di tutte le pratiche

che si fondano sullo sfruttamento animale

Nominiamo, visibilizziamo e definiamo la parola specismo come quell’insieme di pratiche discriminatorie che, intrecciandosi con la struttura sociale capitalista e neoliberale, attribuisce agli individui umani il privilegio di imporre e determinare le condizioni di vita e di morte degli altri animali per beneficiare impunemente del loro uso e consumo.

Noi rifiutiamo questa narrazione. 

L’industria  si fonda e trae profitto sullo sfruttamento e la discriminazione di corpi in base alla specie, al genere o alla classe, corpi che vengono rinchiusi per fini produttivi e/o riproduttivi. Ci sono infiniti luoghi dove questo sistema discriminatorio patriarcale, autoritario e  specista si concretizza. Abbiamo come obiettivo la chiusura di tutti questi luoghi affinchè possano rigenerarsi in attività autogestite che non prevedano lo sfruttamento di alcuna soggettività.

Ci interroghiamo sui nostri privilegi e sui danni che produciamo, su come e quando li usiamo e ne abusiamo, perché riconoscerli è il primo passo per decostruirli e distruggerli. Con questa sanzione fucsia invitiamo a boicottare e demolire i privilegi di specie e lottare per la liberazione delle soggettività animali non umane, passo fondamentale per un movimento davvero contrario ad ogni forma di oppressione e discriminazione che afferma i principi irrinunciabili dell’autodeterminazione e della liberazione 

IL CORPO È MIO, DECIDO IO NON VALE SOLO PER IL CORPO MIO 

Il fatto che altri animali siano identificati come “esseri inferiori” e quindi sacrificabili da un potere esercitato con la violenza delle gabbie e il ricatto di nutrizione e assistenza in cambio del loro corpo, rende giustificabile l’orrore dell’animalizzazione di corpi umani. 

Legittimare l’animalizzazione oltre a privare le soggettività della propria autodeterminazione, dá la possibilità di normalizzare la repressione violenta e il genocidio di interi popoli. Rende possibile lo sfruttamento, l’incarceramento, il manicomio o il TSO, la psichiatria e la patologizzazione, la cancellazione, la tortura nei luoghi di detenzione e l’uccisione come gli assassini costanti di persone nel Mediterraneo.

L’occupazione e la colonizzazione di territori prende forma attraverso la violenza degli eserciti e delle multinazionali del capitalismo liberale.

Contrastiamo questo sistema attivandoci con mobilitazioni ed azioni, partecipando attivamente alla resistenza ed alle lotte nelle comunità e nei territori in cui viviamo:

  • Smettiamo di consumare i corpi degli animali e finanziare la loro mercificazione decidendo di praticare l’antispecismo.
  • Dedichiamo tempo al volontariato presso i rifugi, seguiamo le loro iniziative e sosteniamoli.
  • Partecipiamo ad azioni dirette per sostenere gli animali nel loro processo di liberazione.
  • Diffondiamo il più possibile queste pratiche per affermare che la convivenza multispecie non solo è possibile, ma è praticabile ed urgente.
  • Sosteniamo le lotte di liberazione e facciamo rete con le popolazioni originarie che resistono al terricidio con azioni di resistenza e boicottaggio delle imprese e le multinazionali che ne sono responsabili.
  • Partecipiamo alle lotte nei territori che abitiamo.

Lo specismo si manifesta attraverso molteplici pratiche ed applicazioni.

Nominarle davvero tutte, purtroppo, è difficile vista la quantità e la diffusione. Abbiamo provato a stilare una lista di campi in cui vengono impiegati, uccisi, sfruttati, derisi, sacrificati gli animali di altre specie. riunendoli in 5 macroaree per meglio identificarli ed approfondirli:

  • Abbigliamento e arredamento
  • Alimentazione  e bevande 
  • Intrattenimento e spettacolo
  • Sport e bracconaggio 
  • Utilizzo scientifico e bellico
  1. Abbigliamento e arredamento:

pelle, cuoio, piume, lana, seta, pellicce, avorio,  utensili e posate 

Anche l’industria dell’abbigliamento, la moda e l’arredamento sono questioni di specie: l’utilizzo di pelle, pellicce, piume, lana e seta e altri derivati da animali è legata a doppio filo con l’industria della carne. Questi due settori si influenzano a vicenda per aumentare l’offerta e la vendita, quindi i profitti, di tutti i prodotti derivanti dall’utilizzo dei corpi degli altri animali, invisibilizzando completamente i processi che portano al prodotto finale. Non c’è alcun bisogno di indossare pelli di animali morti. Ciò nonostante le tanto odiate pellicce continuano a proliferare, si indossano scarpe e cinture di pelle, con indifferenza rispetto alla morte di mucche e altri animali. L’industria si occupa di evitare accuratamente la presa di coscienza e la consapevolezza dellə consumatorə e nasconde accuratamente quello che questi processi determinano: enormi e brutali sofferenze nei corpi, l’ingabbiamento che nega qualsiasi forma di vita libera, la riproduzione imposta selezionata e geneticamente controllata, l’uso di farmaci, l’alimentazione e le uccisioni finalizzate a garantire l’estetica finale del prodotto. Senza contare le conseguenze in termini di patologie anche gravi sui corpi di chi lavora in questi processi e di inquinamento sulle terre in cui queste lavorazioni avvengono(dai mattatoi alle concerie, ai rifiuti tossici, all’inalazione di agenti chimici, …. ). L’industria della moda cerca di fare anche sfoggio delle cosiddette pratiche sostenibili che sostenibili non sono affatto, un vero e proprio greenwashing. È invece sempre più facile vestirsi in modo da non causare la morte e la sofferenza di alcun essere vivente. Scelte più consapevoli negli acquisti e materiali alternativi sempre più diffusi e meno cari ci permettono di non causare sofferenza. 

2. Alimentazione e bevande:

Carne, Latte, Formaggi, Uova, Pesce, Insetti, Miele, Integratori alimentari a base di collagene, omega 3, coloranti, gelatina di pesce o cartilagini, etc, cocciniglia in alcolici e bevande 

Lo sfruttamento di corpi animali destinati all’alimentazione umana è uno dei piú crudeli e pervasivi, è sinonimo dell’orrore più cupo, uno sterminio per moltiplicazione. Non esistono prodotti di origine animale che non abbiano comportato sofferenza e morte. Dal punto di vista politico contro lo sfruttamento degli animali, non esiste nessuna differenza tra una bistecca, un pezzo di formaggio o un uovo. La durata della vita di ogni animale  è già stabilita, specie per specie, e il momento della loro morte deciso prima della loro nascita. Il latte proviene da corpi stuprati che per produrlo devono partorire. I loro cuccioli vengono allontanati dalla madre con la forza appena partoriti per essere destinati a loro volta nell’ingranaggio di altri allevamenti o verso il mattatoio. Un trattamento analogo è riservato ai corpi di chi produce uova. Non esistono galline usate per produrre uova che muoiano di vecchiaia: appena la produzione cala, vengono macellate. Il “migliore” allevamento possibile, quello bio, etico o ruspante è, e sarà sempre, una prigione, più o meno pulita, più o meno comoda, ma sempre una prigione. 

Il Parlamento Europeo ha adottato la risoluzione che potrebbe mettere fine alle gabbie di contenimento negli allevamenti dopo la campagna End the Cage Age che ha raccolto e presentato alla Commissione Europea circa 1 milione e mezzo di firme. 

MA NON BASTA. Primo perché sono solo parole e poi perché le gabbie sono tutte da smontare.

La maggior parte dei pesci muore invece per asfissia oppure schiacciati sotto il peso degli altri nelle reti a strascico, uccisi dalla decompressione per la salita repentina dalle acque profonde, arpionati per essere issati sulle barche, inchiodati su uncini spesso per ore. Una volta catturati e ammassati nelle stive molti pesci muoiono dopo una lenta e straziante agonia, altri ancora per lo sventramento, la filettatura e il congelamento praticati mentre sono ancora vivi e coscienti. Si parla di più di un trilione di pesci ogni anno.

Nel mondo vengono uccisi a scopo alimentare 170 miliardi di animali ogni anno, senza contare gli animali di piccola taglia che vengono venduti a tonnellaggio. Nella sola Italia vengono uccisi per finire sulla tavola 2 miliardi e mezzo di animali ogni anno, 90 al secondo. La lista dei numeri dell’orrore è solo un segnale dell’enormità del massacro ma anche dell’indifferenza spudorata con cui si assimilano queste cifre senza suscitare alcuna sorpresa, sia in chi le stila che in chi le ascolta. Questa indifferenza viene alimentata dall’impresa pubblicitaria che avviene tramite l’esposizione di corpi o di pezzi di corpi che si possono deliberatamente vendere e comprare, ma anche di animali che pubblicizzano il loro stesso smembramento felici di parteciparvi. Ogni anno gli animali allevati per l’alimentazione umana consumano 145 milioni di tonnellate di cereali e soia per produrre 21 milioni di tonnellate di cibo. 

Il mantenimento dell’allevamento comporta un utilizzo massivo di beni comuni per cui interi popoli originari vengono cacciati violentemente dai propri territori per far posto alle coltivazioni necessarie alla produzione di mangimi o ai pascoli per l’allevamento estensivo. Intere popolazioni lottano e resistono opponendosi al terricidio o sono costrette a migrare a causa della perdita dei propri territori. Un miliardo di persone nel mondo soffre la fame, mentre 4 miliardi di mucche e decine di miliardi di altri animali vengono nutriti per essere trasformati in cibo. In Brasile 5,6 milioni di acri di terreno sono utilizzati per produrre mangime esportato in Europa per alimentare animali destinati alla macellazione. La stessa quantità di vegetali, in un sistema non capitalista e legato al profitto, potrebbe nutrire un numero di persone 5 volte maggiore rispetto a quella che viene usata per gli animali trasformati poi in cibo.

Stiamo volutamente producendo la nascita di animali destinati alla macellazione e all’industria alimentare. Solo il 3% dei mammiferi che vivono nel pianeta è composto da mammiferi selvatici, mentre il restante 97% si divide tra esseri umani (30%) e gli animali che essi allevano per nutrirsi (67%). https://www.wwf.it/area-stampa/report-wwf-un-pianeta-allevato/

Questo sistema, per come si sviluppa e si autopromuove, alimenta la visione degli animali come oggetti, allontanandoli dai nostri sguardi rendendoli invisibili, annullando la possibilità di conoscerli per chi sono, in modo che per la maggior parte di noi siano solo “pezzi di carne” o produttrici di latte o uova anziché persone che hanno il nostro stesso diritto di esistere e vivere senza catene. Anche quando l’animale viene rappresentato non si mostra la reale situazione di sofferenza al quale è sottoposto. I verdi pascoli, la mucca felice, il maiale allo stato brado sono finzioni pubblicitarie ed anche laddove fossero reali vi è comunque sfruttamento.

Il nostro sistema non fa distinzione tra le coltivazione ad uso umano e quello dell’allevamento e delle coltivazioni ad uso animale. Questo determina che i fondi a sostegno dell’agricoltura di fatto vengano indirizzati verso tutto il comparto agricolo, ma vengono assorbiti maggiormente dall’allevamento, soprattutto quello intensivo, perché é quello più soggetto a perdite a causa delle sue enormi criticità. Si interviene quindi a partire dalle perdite e, non esaminandone le cause, non si finanziano le necessarie riconversioni da allevamento ad agricoltura per esempio. 

La separazione tra agricoltura e allevamento metterebbe anche in evidenza, attraverso i dati ufficiali, la reale differenza di impatto tra i due settori. Di per sé, i ruminanti non sono un problema per il pianeta. La loro esistenza risale alla notte dei tempi e mai hanno creato criticità a livello ambientale. Anzi. Semmai danni enormi agli ecosistemi sono stati causati dall’antropizzazione dei territori e dalla loro deportazione negli allevamenti. I cosidetti danni relativi alle immissioni di gas climalteranti, non sono imputabili agli animali stessi, bensì alla loro condizione di detenzione ed all’alimentazione modificata. Il tentativo di far rimanere produttivi i corpi per il tempo necessario per essere un guadagno e non una spesa, porta ad un uso massivo di farmaci ed antibiotici.

3. Intrattenimento e spettacolo

Per intrattenimento intendiamo tutte quelle pratiche legate a:

Circhi, Zoo, Delfinari, Acquari, Trasporto turisti, Parate tradizionali, 

Corride, Pet shop, Fiere ed esposizioni “animali da reddito”- cinofile, feline e altri animali, Traffico e vendita animali domestici e esotici, 

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In Italia il 13 luglio 2022 è stata approvata una legge che porterà ad una graduale messa al bando dello sfruttamento degli animali nei circhi e nelle esibizioni itineranti sempre che si approvi come previsto entro 9 mesi il relativo Decreto Legislativo. La legge dice espressamente che l’impiego degli animali nei circhi non ha  alcun “valore educativo e culturale” oltre a “incidere negativamente sulla percezione e il rispetto del pubblico per gli animali selvatici”. 

Ma non basta! 

Nei circhi, negli acquari, negli zoo, gli animali sono strappati dai loro habitat naturali e costretti a vivere in condizioni non rispondenti ai loro bisogni e desideri, rinchiusi in ambienti artificiali, privati delle loro libertà. Individui abituati a vivere in distese immense d’acqua, di terra e d’aria  obbligati a girare in tondo delle vasche, nei palcoscenici, nelle gabbie, nelle reti. Solo un business per arricchire chi li sfrutta. Boicottare queste strutture, quindi non frequentarle è un obbligo morale e civile.

Ci sono animali utilizzati come coreografie per spettacoli e cerimonie con pochissime probabilità di sopravvivere dopo una vita chiusi in allevamento, intossicati e rilasciati solo per sfruttare la loro bellezza. Ma già condannati a morte.

Molte persone acquistano animali selvatici in totale incoscienza, abbandonandoli poi quando crescono troppo o diventano poco gestibili. Il traffico, la mercificazione e deportazione e poi l’abbandono di questi animali è da condannare. Purtroppo, ovunque nel mondo, gli animali (selvatici e non) sono ancora  considerati merce, oggetti da commercializzare, sfruttare e di cui disporre per il proprio tornaconto.

4. Sport e bracconaggio

Equitazione, gare, palii, polo, Caccia, Pesca,  Falconeria, Gare cinofile, Bracconaggio

Cacciatori e pescatori continuano a sostenere che queste attività siano degli ‘sport’ e che come tali debbano essere considerati anche  dall’opinione pubblica. La realtà è naturalmente ben diversa: in uno sport la partecipazione è volontaria, nessuno viene obbligato a sostenere un incontro di boxe. Se una persona vi ferma per la strada e vi prende a pugni non vedrete l’episodio come un’attività sportiva, ma come un’aggressione. 

Il discorso intorno alla caccia viene costantemente infarcito di motivazioni pseudo etiche che tendono a presentarla come un invitante ritorno ad una più naturale e soddisfacente condizione primitiva e virile, oltre che come contributo a un presunto riequilibro ambientale. Tutte motivazioni che inducono all’assoluzione dell’aggressività. 

Le licenze di caccia in Italia si aggirano intorno alle 700mila e l’industria ha un indotto di più di due miliardi e mezzo. La caccia giustifica la sua ragion d’essere con il controllo di popolazioni di selvatici troppo numerose. Nei fatti invece è responsabile di questi squilibri come è successo per i cinghiali in Italia e i cervi rossi in Scozia. Se questo non basta a farvi odiare questa barbara pratica considerate il numero di vittime umane: ignari  escursionisti ma anche persone che stanno tranquillamente in casa loro. 

Il bracconaggio e la pesca di frodo sono forme ancora più violente perchè fuori da ogni normativa e controllo. 

5. Utilizzo scientifico, terapeutico, bellico e aerospaziale:

Sperimentazione medica, farmaceutica, cosmetica, alimentare, Pet terapia Trasporto armi, Viaggi/missioni nello spazio, Rilevazione mine, Addestramento cani poliziotto per rilevazione droghe e riconoscimenti, nei disastri ambientali e alle frontiere. 

La sperimentazione sugli animali, sia essa a scopo di ricerca biomedica, farmaceutica, cosmetica o tossicologica, è un insieme di pratiche esercitate sui corpi degli animali non umani per ottenere conoscenze e informazioni di interesse prettamente umano. In quest’ottica, gli animali sono utilizzati come qualsiasi altro “materiale” da laboratorio, corpi usa-e-getta, nella maggior parte dei casi, vengono soppressi durante o dopo l’utilizzo. Nella sperimentazione, gli animali diventano a tutti gli effetti prigionieri sottoposti a pratiche di tortura. Abbiamo la consapevolezza che questa prevaricazione è compiuta da un sistema di potere antropocentrico che si identifica con il sapere scientifico attraverso la narrazione del sacrificio “utile” e all’assoluzione della violenza esercitata. La ritualità del “sacrificio” nella sperimentazione alimenta il concetto della sacralità della vita umana a spese di quella di tuttə lə altrə. Vogliamo contrastare queste pratiche in quanto intollerabili per chi le subisce oltre che moralmente e politicamente inaccettabili, così come moralmente e politicamente inaccettabili sono stati gli esperimenti condotti sulle schiave nere, sugli internati nei campi di concentramento o nelle prigioni, sulle persone psichiatrizzate, sulle persone disabili, sui vari soggetti ritenuti, di volta in volta, sfruttabili. Vogliamo mettere in discussione lo status politico degli animali, considerati come delle proprietà di cui poter disporre a nostro piacimento. In Italia esiste una legge che regola l’obiezione di coscienza alla sperimentazione sugli animali, la legge n.413 del 1993, erroneamente percepita per i soli addetti ai lavori, che  può essere applicata a livello individuale. Dobbiamo fare in modo di poterla applicare per interi settori che si dissocino dalla sperimentazione per forzare la situazione e costringere il sistema a prendere in considerazione le istanze antivivisezionistiche. 

Così come, per gli stessi motivi, dobbiamo opporci fermamente all’uso di animali a fini bellici, di sperimentazione aerospaziale o di addestramento per i respingimenti alle frontiere. Dobbiamo contrastare il sistema capitalista e patriarcale fondato sulla mercificazione dei corpi, sulla violenza istituzionale e scientifica. Queste pratiche devono essere fermate.

8 marzo 2022 SANZIONE FUCSIA contro gli allevamenti. L’unico allevamento buono è quello chiuso!

L’ unico allevamento accettabile è quello chiuso! Lo slogan lo abbiamo mutuato dal titolo del libro scritto da Dez e David e che racconta le storie di resistenza e liberazione delle persone (animali umani e altri animali) che vivono ad Agripunk. Le grafiche del Libro sono di Irina Zovich come di Irina sono le grafiche di questa nostra campagna

Lanciamo la Sanzione Fucsia contro l’industria zootecnica per visibilizzarla e costruire un’opposizione collettiva che viva nelle pratiche contro tutti gli allevamenti. L’allevamento è un abominio. Risponde ad una visione antropocentrica e capitalista in cui l’uomo impone un potere gerarchico e patriarcale su tutte le specie, mercificandole, oggettificandole e privandole della proprio esistenza. Si basa sulla reclusione di individui obbligati a riprodursi per scopi produttivi, relegati a “macchinari” al nostro servizio, annullando ogni loro possibilità di autodeterminazione e libertà portandoli alla morte dopo averlə oppressə e resə schiavə.

Questo sistema, per come si sviluppa e si autopromuove, alimenta la visione degli animali come oggetti, allontanandoli dai nostri sguardi rendendoli invisibili, annullando la possibilità di conoscerli per chi sono, in modo che per la maggior parte di noi siano solo “pezzi di carne” o produttrici di latte o uova anzichè persone (1) che hanno il nostro stesso diritto di esistere e vivere senza catene. Anche quando l’animale viene rappresentato non si mostra la reale situazione di sofferenza al quale è sottoposto. I verdi pascoli, la mucca felice, il maiale allo stato brado sono finzioni pubblicitarie ed anche laddove fossero reali vi è comunque sfruttamento.

Esistono pochissime realtà estensive, ma si basano sempre e comunque su quel “patto” paternalista ed opportunista secondo il quale l’animale viene concepito come contento di dare a “noi” il suo apparato riproduttivo, il nutrimento della sua prole, finanche il suo stesso corpo in cambio del minimo che gli occorre per sopravvivere e produrre.

Oltre a reificare le soggettività animali, l’esistenza dell’allevamento crea ed aggrava gli squilibri nelle relazioni ecosistemiche. Interi territori subiscono mutazioni come deforestazioni, cementificazione, sversamento di reflui, sfruttamento eccessivo delle falde idriche e loro inquinamento, sottraendo spazi agli animali selvatici ed alla vita selvatica tutta.

Ma non solo la vita animale e la natura ne risentono. Il mantenimento dell’allevamento comporta un utilizzo massivo di beni comuni per cui interi popoli originari vengono cacciati violentemente dai propri territori per far posto alle coltivazioni necessarie alla produzione di mangimi o ai pascoli per l’allevamento estensivo(2). Intere popolazioni lottano e resistono opponendosi al terricidio o sono costrette a migrare a causa della perdita dei propri territori.

Di per sé, i ruminanti non sarebbero un problema per il pianeta. La loro esistenza risale alla notte dei tempi e mai hanno creato problemi a livello ambientale. Anzi. Semmai danni enormi agli ecosistemi sono stati causati della loro scomparsa nei loro territori. I cosidetti danni relativi alle immissioni di gas climalteranti, non sono imputabili agli animali stessi, bensì alla suddetta condizione di detenzione ed all’alimentazione modificata.

Il tentativo di far rimanere produttivi i corpi per il tempo necessario per essere un guadagno e non una spesa, porta ad un uso massivo di farmaci ed antibiotici.

Questa condizione si traduce sempre più in malattie che sterminano gli animali stessi oppure che scatenano allerte e richieste di abbattimenti per salvare non l’animale, bensì il capitalismo. Si scatenano anche virus e batteri sempre più resistenti ai trattamenti farmacologici che causano malattie zoonotiche (che si diffondono anche all’animale umano), difficili da contrastare e contenere.

Smettiamo di consumare ed usare i corpi di altri animali in formandoci sulla loro esistenza e su come possiamo smettere di oggettificarli.

  • Significa cambiare visione, avvicinarsi agli altri animali per conoscere le loro emozioni, le loro paure, i loro desideri.
  • Significa smettere di pensare a loro come nostri subalterni ed iniziare a pensarli come compagnə, smettendo di crederci superiori a loro sfruttandoli ed iniziando a concepirci come loro alleatə. L’oppressione in tutte le sue forme ha radice comune nel patriarcato e nel pensiero capitalista ed utilitaristico. Ciò che determina lo sfruttamento delle altre specie è paradigma di ogni sfruttamento.

Nessunə può essere liberə continuando ad opprimere qualcun altrə.Sosteniamo i rifugi per animali resistenti dove numerose soggettività hanno ritrovato lalibertà ed il rispetto nella convivenza multispecie.

Esistono luoghi dove chi riesce ad uscire dalle grinfie del sistema e sfuggire all’oppressione trova finalmente pace. Luoghi dove la convivenza multispecie è reale e tangibile ogni giorno. Portati avanti da chi ha deciso di dedicare la loro vita alla liberazione, esistono per essere un’anomalia del sistema e mostrare al mondo chi sono le persone che di solito si è portati a considerare oggetti, raccontare le loro storie e il loro passato e far conoscere come funziona il sistema stesso dell’allevamento. I rifugi si basano sul volontariato e sul sostegno tramite eventi di autofinanziamento o donazioni.

Sono considerati, burocraticamente, come allevamenti perchè non esiste ancora un riconoscimento non tanto per questi luoghi, bensì per l’animale stesso.

È fondamentale quindi supportarli nelle loro pratiche di ogni giorno e nel messaggio che portano avanti, perchè le voci degli animali resistenti possano diventare sempre più potenti ed essere ascoltate davvero da tuttə.

Contrastiamo questo sistema attivandoci con mobilitazioni ed azioni, partecipando attivamente alla resistenza ed alle lotte nelle comunità e nei territori in cui viviamo.

  • Una delle prime azioni è smettere di consumare i corpi degli animali e finanziare la loro mercificazione decidendo di abbracciare la filosofia vegan.
  • Dedichiamo tempo al volontariato presso i rifugi, seguiamo le loro iniziative e sostieniamo a distanza uno o più animali.
  • Partecipiamo ad azioni dirette per sostenere gli animali nel loro processo di liberazione.
  • Diffondiamo il più possibile questo messaggio per far conoscere a più persone che la convivenza multispecie non solo è possibile, ma è praticabile ed urgente.
  • Sostieniamo le lotte di liberazione e facciamo rete e allenza con le popolazioni che resistono al terricidio con azioni di resistenza e boicottaggio delle imprese e le multinazionali che ne sono responsabili.
  • Informiamoci sulle iniziative e le lotte nei territori che abitiamo partecipando attivamente e facendo rete con altri movimenti.

Abbiamo ideato dei segnalibri e degli adesivi che troveranno magicamente, grazie alla collaborazione dellu nostru attivistu , la loro giusta collocazione.

Note

(1) usiamo volutamente la parola persone perchè stiamo parlando di individui/corpi senzienti, con sentimenti, emozioni e personalitá

(2) allevamento intensivo: stabulazione massiva con animali contenuti in strutture

(3) allevamento estensivo: stabulazione più o meno massiva con animali tenuti al pascolo

28 settembre 2021 SANZIONE FUCSIA contro il turismo ad ANDORRA

grafica di Irina Zovich

per sostenere la lotta per l’aborto libero, gratuito, sicuro e per tuttu.

Nel principato di Andorra l’aborto continua ad essere reato!

Il potere continua ad essere nelle mani di chi contrasta i diritti delle donne, degli uomini trans, delle persone non binarie, intersex e di tutte le libere soggettività.

Il governo di Andorra perseguita attivamente difensorə e attivistə, violando il diritto d’associazione ed espressione, esercitando nei fatti la sua violenza istituzionale.

La lotta transfemminista è il cammino per cambiare tutto.

Fino a quando in Andorra l’aborto sarà reato non ci faremo allettare dalle offerte consumistiche esentasse del suo paradiso fiscale! Non fino a quando le persone gestanti sono costrettə a comprare all’estero il diritto di abortire!

NOI NON CI STIAMO! Ad ANDORRA ci andiamo solo per affermare insieme al movimento transfemminista, queer e antipatriarcale per il diritto all’aborto libero, sicuro e gratuito per tuttu!

8 marzo 2021 SANZIONE FUCSIA CONTRO L’ENI

La prima #sanzioneFUCKsia colpisce l’ENI, la multinazionale che meglio di qualunque altra sa tingersi di verde, macchiarsi di rosso, e cospargere terra e aria delle sue scie nere.

Oltre ad essere la più grande azienda italiana a partecipazione statale operante nel settore fossile, Eni, è anche la più restia alla riconversione, 30esima nella lista delle 100 aziende che hanno emesso il 71% di gas climalteranti dal 1985 ad oggi a livello mondiale, responsabile di devastazioni ambientali abissali, da sembrare irreversibili dal delta del Niger in Africa al golfo di Gela, in Sicilia.

Chi distrugge, sfrutta, abusa, desertifica, mercifica, schiavizza DEVE smettere di farlo e riparare i danni già causati

Sono decine, centinaia i siti nel mondo che attendono bonifiche da parte del colosso energetico colonizzatore, eppure, l’unico investimento “green” a cui Eni tiene molto, è la sua pubblicità.  Ci ricordiamo tuttu degli spot?

Il bio-carburante promosso da questo spot era talmente “bio” che si è guadagnato una multa per pubblicità ingannevole dall’Antitrust; inquinava 3 volte di più del carburante normale dal momento che la componente principale era l’olio di palma, causa di deforestazione in Malesia e Indonesia, ad esempio.

Nel 2018 Eni ha emesso 537 milioni di tonnellate di CO2, più dell’Italia intera, e si vanta ancora per le sue ridicole strategie, che rispondono alle richieste degli investitori piuttosto che a quelle della popolazione e della scienza: nonostante la lotta alla crisi climatica richieda interventi ambiziosi entro i prossimi 7 anni, Eni prevede per il 2030 di ridurre le proprie emissioni solo del 25%.

Su un capitale di investimento medio di circa 7 miliardi l’anno, ben più della metà andrà a gas e petrolio, e meno del 20% ad attività “green” che, oltretutto, comprendono false soluzioni. In una delle bozze del recovery plan abbiamo visto la proposta di destinare una parte consistente dei 6,3 miliardi della cosiddetta transizione ecologica all’ENI: 1,35 i miliardi per realizzare il più grande centro previsto a Ravenna per la cattura e stoccaggio di anidride carbonica al mondo per mezzo di tecnologie sperimentali dalla dubbia efficacia nonché sicurezza per l’area circostante e 1,35 miliardi per la produzione di combustibili alternativi o bioplastica. Ma dobbiamo stoccare l’anidride carbonica o ridurne drasticamente la produzione? Abbiamo proprio bisogno di produrre bioplastiche che necessitano di coltivazione di materie prime rinnovabili e di biomassa o dobbiamo eliminare le plastiche e riciclare quelle che già coprono intere zone del pianeta? Abbiamo proprio bisogno di bioraffinerie? 

I piani di Eni ci vincolano ancora per decenni a un modello di sviluppo terricida, monopolio delle grandi compagnie, che opprime e sfrutta i popoli, i territori,  gli animali umani e non, la vegetazione  in nome del profitto e del perpetuarsi di questo sistema capitalista eteropatriarcale. 

Non c’è giustizia climatica, senza giustizia sociale e di genere

Grafiche scaricabili, stampabili e diffindibili di Irina Zovich che ringraziamo

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